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SpeakItalianInRome

Apprendere la lingua italiana a Roma

Da quando Matteo, alunno di terza elementare di un paesino in provincia di Ferrara, descrisse come “petaloso” un fiore pieno di petali si è aperta una voragine! La “fantasia al potere” investe anche l’italiano! In verità il termine compare verso la fine del 1600 ma è praticamente ignoto fino all’inventiva infantile (e immagino che Matteo non ne sapesse la già avvenuta esistenza), suffragata poi dall’accettazione da parte dell’Accademia della Crusca che lo ha incluso nel proprio vocabolario, poco meno di una decina di anni fa. L’ultima invenzione linguistica ci offre “boppone”, ad indicare una canzone dalla melodia semplice, cantabile, facile da ricordare. Come in altri casi, l’italiano ruba all’inglese termini che poi adatta alle proprie regole (e anche “petaloso” nel 1695 deve la sua nascita all’inglese James Petiver, famoso botanico di Londra che descrisse così una delle tante piante che riceveva dalle Indie (anche se lo prende dal latino). Altri “furti” implementano la nostra lingua, tra diffidenza e accettazione. Personalmente, mesi fa, il termine “spoilerare” mi ha lasciata perplessa: “non voglio ulteriormente spoilerare”, affermava alla radio la sceneggiatrice di un film accennandone la trama e non volendo darne i dettagli o peggio ancora, la fine. E mi sono detta, come molti altri, “perché non usare verbi quali “raccontare, narrare, anticipare, svelare la fine, dire come va a finire” (guastandone la sorpresa)? Perchè, con tanti sinonimi, si usa un unico termine che, in fondo, appiattisce qualsiasi sfumatura di significato, che è una tra le caratteristiche dell’italiano? Eppure, a differenza di “petaloso” che non ho più sentito pronunciare, “spoilerare” è entrato vigorosamente nel lessico nostrano, scritto e parlato. Un altro che “va per la maggiore” è “boomer”, riduzione di “baby boom” ad indicare quelli nati a partire dal termine della seconda guerra mondiale fino al cosiddetto boom economico. E’, in verità, un appellativo citato nel lontano 1968 dallo scrittore Nanni Balestrini ma introdotto dal 2018. Ironico e spregiativo, sta ad indicare una persona di una certa età non al passo con i modi di pensare delle nuove generazioni. Molto in voga in questi ultimi anni, anch’esso usato dai ragazzi, il verbo “blastare”, dall’inglese “to blast” ovvero far esplodere, far brillare, distruggere, far saltare in aria. Il gergo giovanile ne slitta il significato per il quale blastare è al posto di attaccare, deridere o zittire, soprattutto sui social network, chi ha detto una sciocchezza, o, a riprova della propria posizione di forza, chi si vuole intimidire. La lista dei furti si allunga poi nel linguaggio informatico: i termini inglesi si italianizzano, diventano verbi con l’aggiunta, di solito, della desinenza -are. L’esempio più diffuso è “chattare”, conversare online.